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Anci Giovani. Direzione Treviso – di Gabriella Debora Giorgione

Dal 24 al 25 marzo i giovani sindaci e amministratori italiani si riuniscono a Treviso nell’auditorium della Fondazione Cassamarca. “SiAmo l’Italia”, questo il titolo della XII Assemblea nazionale Anci giovani,  un appuntamento che sarà un’occasione di confronto e di dibattito tra sindaci, assessori e consiglieri comunali under 36, esponenti del governo e delegati di enti ed aziende sulle questioni che riguardano da vicino i cittadini e i giovani amministratori.

Le presenze

Alla due giorni, aperta dalla relazione di Luca Baroncini, sindaco di Montecatini Terme e coordinatore nazionale ANCI Giovani, partecipano il presidente dell’Anci nazionale e sindaco di Bari Antonio Decaro, il vicepresidente vicario e sindaco di Valdengo Roberto Pella e il presidente del Consiglio nazionale Enzo Bianco. Con loro, tra gli altri, i sindaci Mario Conte (Treviso), presidente di Anci Veneto, Matteo Lepore (Bologna), Giorgio Gori (Bergamo) e Damiano Tommasi (Verona).

Presenti anche il vicepresidente del Consiglio e Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, i ministri per lo Sport e i Giovani, Andrea Abodi, per le Disabilità Alessandra Locatelli e per la Pubblica amministrazione Paolo Zangrillo.

I temi

Quattro, i temi principali del dibattito: sostenibilità nei Comuni, i giovani e il lavoro, la costruzione di comunità inclusive, il rapporto tra giovani, politica e pubblica amministrazione.

«Il confronto con le amministratrici e gli amministratori under 36 è per l’Associazione uno snodo importante nell’ambito del confronto che cerchiamo di mantenere costante con tutti i Comuni e gli enti locali del Paese», spiega Antonio Decaro che precisa «Andiamo all’assemblea di Treviso con grande attenzione, sapendo che discuteremo temi cruciali per lo sviluppo delle nostre comunità. Avremo un bel confronto con amministratori che per età, formazione, competenze e impegno sono la vera risorsa per le istituzioni del nostro Paese, sia dal punto di vista politico che amministrativo. Abbiamo come obiettivo l’Italia del 2030: sostenibile, inclusiva, moderna e più giusta».
Uscire dalla “retorica dei giovani” e passare ai fatti, da qui il titolo “Siamo l’Italia”, il verbo essere declinato al presente perché i giovani sono sempre etichettati come “futuro”, mentre nel presente continuano ad essere ancora troppo pochi nei consigli comunali e nelle giunte italiane.
Sul tavolo di Treviso, dunque, i temi ci sono tutti, dunque, anche energia, ambiente, lavoro, inclusione.

Direzione Treviso

È proprio la parola “inclusione” a colpire, ripetuta parecchie volte, nella presentazione dell’Assemblea, da parte di Luca Baroncini, Coordinatore nazionale di Anci Giovani:

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«È un tema vasto che va dall’abbattimento di ogni tipo di barriera, architettonica ma anche di pregiudizio, fino all’inclusione in senso lato come aumento della partecipazione alla res publica e politiche che possano incentivarla», ci dice Baroncini, precisando che «Anci giovani intende sostenere lo sport come uno degli strumenti importanti di inclusione sociale. Ma inclusione significa anche parità di opportunità di accesso ad incarichi e ruoli pubblici. Crediamo che il più efficace strumento di inclusione sia lavorare sulla conoscenza, arricchendo competenze che spesso i giovani hanno già in misura maggiore ma che non viene valorizzata dalla politica. È il tema della meritocrazia. Con questa forma di selezione della classe dirigente, il numero degli eletti giovani aumenterebbe necessariamente poiché è statisticamente dimostrato che gli under 35 sono più preparati e titolati dei colleghi più anziani che certo li superano per esperienza e capacità di destreggiarsi nel sistema politico e istituzionale».

Partecipazione femminile

Poco “inclusiva” è la partecipazione delle donne al governo delle città. Guardando alle ultime tornate di elezioni amministrative, proprio uno studio dell’Associazione dei comuni italiani-Anci riferisce infatti che nel 2019 le donne che ricoprivano la carica di sindaco erano 1.065, il 13% circa dei 7.904 Comuni italiani. Poche, molto poche, e non basta quel che pur dice ottimisticamente il report, cioè che quelle 1.065 sindache del 2019 amministravano complessivamente quasi 9,3 milioni di abitanti, perché nel computo c’erano anche grandi comuni come Roma Capitale e Torino. Ma il 13% significa sempre che stiamo parlando di 13 donne su cento. Alle amministrative del 2021, le urne consegnano pochissime donne al vertice delle amministrazioni comunali: solo sei su 108 sono le sindache elette nei comuni capoluogo di provincia. Tra i 10 comuni capoluogo amministrati da una sindaca, quattro sono andati al voto a ottobre in tutti e quattro i casi un uomo è subentrato al loro posto, molte sono le sindache che non si sono neanche ricandidate.

Le donne con la fascia

Nel 2022, infine, nove milioni di elettori sono stati chiamati al voto per l’”Election Day” del 12 giugno in cui gli italiani sono stati chiamati ad esprimersi nei Referendum sulla giustizia e a rinnovare le amministrazioni locali di mille comuni e 26 capoluoghi di provincia. Va meglio rispetto al 2021, ma siamo davvero alla conta decimale: sono solo 15 le donne candidate alla carica di sindaco nelle 26 città capoluogo di provincia contro una sessantina di uomini, con un rapporto di 1 a 4. Ma delle 26 città al voto – tra le quali quattro capoluoghi di regione come Genova, L’Aquila, Catanzaro, Palermo – soltanto due erano governate da donne. Nei Comuni con popolazione inferiore ai 5mila abitanti, infine, la statistica del divario di genere tra sindaci e sindache aggiornata al 16 febbraio 2023 negli open data del Ministero dell’Interno è abbastanza impietosa: solo per fare qualche esempio, facendo una passeggiata da Nord a Sud, in Liguria la partita uomini-donne finisce 155 a 25; in Abruzzo 211 a 37; in Emilia Romagna 115 a 18; in Veneto 241 a 44; in Sicilia 186 a 13.

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Ninetta Bartoli, prima sindaca italiana

«È un problema enorme che riguarda anche i giovani in senso generale», ammette il Coordinatore nazionale Anci Giovani, che spiega «Sempre meno cittadini sono motivati a candidarsi e sempre più persone non vanno neppure a votare! Le donne poi pagano due volte perché la nostra società su questo deve ancora fare altri passi avanti in tema di parità. Il fatto che per la prima volta nella storia il Presidente del Consiglio dei Ministri sia una donna è un segnale positivo. Ma per promuovere una maggiore partecipazione è necessario mettere al centro il merito. Quando i criteri di scelta sono la capacità e le competenze, la parità è una naturale conseguenza».

Aree interne

Ma se l’Assemblea nazionale Anci giovani non affronterà anche il tema delle aree interne e dei piccoli comuni, probabilmente i giovani amministratori saranno sì il “presente”, ma perderanno una grande occasione di declinarsi anche al futuro perché lo sguardo sul 67% dei comuni italiani qualcuno deve pur cominciare a volgerlo ed affrontare i temi seri del riequilibrio territoriale.
«È necessario superare il gap infrastrutturale», ci dice Baroncini, che focalizza: «Non solo il sistema viario, certamente fondamentale, ma anche il sistema delle reti tecnologiche e energetiche. Per non dire delle infrastrutture sociali, educative, culturali, decisive per la qualità della vita. Particolare attenzione va riposta, in particolare per piccoli comuni, al tema delle risorse umane, tecniche e amministrative, necessarie a maggior ragione adesso che i comuni sono chiamati ad un ruolo centrale per concretizzare in opere le ingenti risorse messe loro a disposizione dal PNRR. Dopo anni di vera e propria spoliazione di capacità professionali, oggi abbiamo il problema urgente di adeguare numericamente le strutture comunali alle nuove sfide e al conseguente lavoro aggiuntivo che attende i comuni. Su questo auspico che vengano rivisti i vincoli alla spesa degli enti locali, legati ad esempio al fondo crediti di dubbia esigibilità».

E sulle aree interne afferma che «Lo spopolamento è un fenomeno che, anche in considerazione della crisi demografica che interessa tutto l’occidente sviluppato, per le aree interne italiane può segnare un declino irreversibile. I danni per tutto il sistema Paese sarebbero enormi. Dal dissesto idrogeologico, alla perdita di tanta biodiversità non solo naturale, ma sociale, delle tradizioni, della enogastronomia. Proprio per questo non basta parlare di infrastrutture e collegamenti materiali. Si tratta di tenere vivi e vivaci quei territori. Un aiuto certo può venire dalle nuove tecnologie, ma strategico è il ruolo dei Comuni e della loro possibilità di spendere in iniziative di valorizzazione culturale dei luoghi. La cultura è attrattiva, crea interesse, aggrega, intrattiene. Ecco, una mano in questo senso può arrivare dalle Regioni e dal governo prevedendo misure che sostengano la spesa culturale dei comuni più piccoli e delle aree interne».

Autonomia differenziata

Infine, “il tema”, l’autonomia differenziata. Il presidente nazionale, Antonio De Caro, agli inizi di marzo ha presentato alla Conferenza unificata Stato Regioni Enti locali un documento contenente le osservazioni dei Comuni sul testo di legge sull’autonomia differenziata, accompagnato da una serie di emendamenti. «Ci sono questioni che devono essere chiarite e ci sono punti che per i rappresentanti delle autonomie locali devono essere totalmente rivisti. Il documento presentato raccoglie le preoccupazioni dei Comuni sull’individuazione e finanziamento dei livelli essenziali di prestazione (LEP) e su un processo che prevede la devoluzione alle Regioni di funzioni non solo legislative ma anche amministrative e gestionali, senza tenere conto del ruolo e del contributo che in tutti questi anni i Comuni italiani hanno offerto in termini di servizi ai territori e alle comunità e soprattutto sul meccanismo di solidarietà e perequazione, già realizzati su scala comunale», aveva affermato De Caro alla presentazione del documento e su quel tono si era espresso alla manifestazione dei sindaci del Recovery a Napoli, 17 marzo scorso.
«Io sono favorevole. La vedo come un’attesa opportunità di sviluppo e di competitività per il Paese. E i comuni finiranno per beneficiarne. Non è detto che gli effetti si vedano dopo pochi mesi, ma nel medio lungo periodo a mio parere sì», ci risponde il Coordinatore nazionale di Anci giovani sull’autonomia differenziata.

Oggi si accendono luci, telecamere e microfoni, a Treviso. Staremo ad ascoltare.

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