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DIARIO DEL CAMPER

TAPPA di VENTOTENE

《Il grillo nella lampada

Essere #PortidiMare, essere #PortidiTerra non è proprio uguale.
In questi due giorni abbiamo toccato la vita complessa degli isolani di un’isola piccola, conficcata per 164 ettari al centro del #Tirreno, segnata da una storia involontaria di dolore e ostracismo degli “scomodi”.
La cultura e il pensiero liberi – quelli che non hanno ceduto alle minacce della tirannia del pensiero unico e della violenza – confinati qui.
I segni dei loro passi obbligati e sorvegliati impressi nelle stradicole che tagliano perpendicolari la strada larga e ti soffiano dietro la schiena a tradimento mentre tutto vibra insieme, tra fresco improvviso che arriccia la pelle e caldo imponente e il fucsia dei fiori che ti si offre passionale e spudorato, geloso del blu che ti affascina.

“Ventotene è importante nel mondo perché è stata una terra di sofferenza”: Raffaele te la spara tra i solchi della sua faccia plastica alla Peppe Barra.

Lui è chef di un ristorante disegnato in una roccia, total white and blu assoluto, dirimpettaio di uno scoglio di nome Santo Stefano.
Che strano…mentre i sensi ti riempiono di colore e profumi (che quasi ti dimentichi che sei qui per “lavoro”) le prigioni di Santo Stefano stridono e ti allegano i denti, il liquore al finocchietto che ti resta un po’ così, tra gola e dispiacere.
L’ora si è fatta, dobbiamo ripartire.
Sono le 17.30 e a Ventotene quando sono le 17.30 si ha l’ultima possibilità di raggiungere il continente. Ovviamente se il tempo è buono. Eppure quando siamo arrivati non riuscivamo ad immaginare nulla.

Preso dal Sindaco Gerardo Santomauro direttamente a Formia, Ventotene è sbarcato a Ventotene, diciamolo, con un condensato di aspettative ed emozioni fortissimo.
Tipo un sogno che si avvera, insomma, oppure come essere entrati senza Stendhal nel rosso di Tiziano o nella luce di Caravaggio.

Poi ti svegli e capisci che l’isola è tutta in salita, ma soprattutto tutta a piedi!
Con il Consiglio Comunale l’incontro è giusto e pieno di domande tecniche su “come si fa” il Metodo Welcome.

Gerardo Santomauro guida l’incontro con saggezza, senza mai prevalere, ma dettando la linea dei perché politici di una adesione alla Rete dei Piccoli Comuni del Welcome. Il vento fresco intanto mulinella nella sala, accarezza la pelle sudata e trattenersi a parlare è un doppio piacere.
E adesso la piazza.

Le signore sedute, i bambini scalzi che saltellano accanto al furgone, le turiste parei succinti e variopinti, e la storia e l’orgoglio di appartenere a quest’isola piena di cultura e di radici generative di altra storia.

I problemi sono tanti: il dissalatore per l’acqua potabile, la gestione dei rifiuti, la scuola abbandonata dalle famiglie che preferiscono fare la spola ogni venerdì/lunedì tra solitudine a Formia e solitudine a Ventotene, perché non comprendono che se vivi su un traghetto le radici non crescono ai piedi dei tuoi figli.

E le signore…Una racconta “la vergogna” provata quando le famiglie protestarono contro l’arrivo di bimbi migranti che avrebbero salvato la scuola: “Abbiamo fatto parlare l’Italia per colpa di una cecità ottusa di pochi, noi non siamo così, Ventotene è un’isola ma il porto è porto e quindi aperto”.

Ha due occhi appuntiti, quest’altra signora, due punte azzurro vivido che spiccano tra le colline del tempo che le è trascorso sul viso. Abbronzatissima, 80 anni, outfit migliore della cinquantenne sudata!

Su tutto, pesano nei loro occhi e nelle loro braccia aperte arrese, la solitudine e i vicoli deserti in inverno che sono solitudine più del restare soli.
“Ci piace, questa “cosa comunitaria” che state portando in giro. Speriamo che questi testoni isolani lo capiscano!”, ci augura un’altra più giovane.
E poi c’è Sara, architetto, metà vita a Napoli metà qui. Le si legge, la voglia di isola: ne parla come un amore impossibile.
“Ventotene dovrebbe essere un atélier naturale per artisti di tutto il mondo”: in effetti, la piazza del Bar “Da Verde” è un “pensatoio” perfetto, il balcone della casa di Spinelli che ti guarda dall’alto, a tutelare la grazia, la cultura e il volo alto che questi 164 ettari dovrebbero spiccare al più presto.
Si respira cultura, qui. È proprio uno “spirito” che si muove tra vicoli e ortensie, tra rumore del mare in assoluto silenzio.
A bordo abbiamo anche Francesco, 11 anni, perfetto organizzatore dell’apericamper: aspettiamo il Sindaco e un gruppo di giovani per parlare delle cooperative di comunità.
Si ferma incuriosita anche Cécile, francese di Saint Tropez: quando le spiego “cosa facciamo” mi sussurra preoccupata “non avete paura di Salvini”?
La guardo, ammutolisco. La sua figura esile, elegantissima francesissima, mi fa la rassegna stampa di cosa sia diventata l’Italia nell’immaginario europeo mentre noi restiamo a guardare e a subire questa umiliazione.
È la prima volta che un Sindaco ci ospita in albergo, ci spiace quasi lasciare Venotene tutto solo al porto.
Risaliamo, felici di farlo sotto la luna e non sotto il sole, ma capisci che la fatica mentale della comprensione dell’isola da parte dei continentali principia proprio dalla fatica di percorrerla a piedi, con o senza sole.
Curvone in pendenza al 50%, praticamente un’arrampicata: ti fermi sotto il peso del peso dei tuoi anni e della tua ignoranza.
Ti giri, ti accorgi che stai cercando istintivamente il mare con la fame d’aria. Lo trovi, vestito di blunero oltremare nel blunotte oltrecielo. Sembra che ti cammini silenzioso e potente dietro, senza lasciarti mai.
Un corteggiamento implicito e muto. Lo osservi, lo annusi, provi la messa a fuoco mentale e fisica sul perché della passione indomabile che lega tanta fatica a tanta bellezza.
Ecco perché i PortidiMare non possono essere proprio uguali ai PortidiTerra.
Perché il mare non è mai esplicito.
La terra la ari, la coltivi, la rendi a ragione.
Il mare non puoi domarlo. Il mare porta, non restituisce. Il mare sussurra, sta a te capire cosa. Il mare non lo puoi mettere in un acquario.
Il mare sai chi è quando parti, ma non sai con precisione esatta che mare diventerà durante il viaggio.
La terra la “aggiusti” con l’acqua, il concime, le coperture, la cura, il lavoro e le sue regole, la resistenza e la costanza.
Il mare ti invita sulla sua pelle, ma tu non saprai mai quale pelle ti offrirà, potrai solo farci i conti e misurare le tue forze. Al mare non potrai mai opporre resistenza.
La terra, se fallisci, hai perso l’intera stagione e il suo raccolto.
Il mare, un’ora dopo la tempesta, ricomincerà con la dolcezza a convincerti un’altra volta.
La terra la fecondi e poi è una linea progressiva di crescita.
Il mare ogni sera tiri le reti esauste, le devi rammendare, nodo incrociato o nodo bandiera dipende, come fosse per sempre ma consapevole, mentre ricuci, che non sai quali pesci l’attraverseranno rompendola di nuovo.
Forse questa Rete di Comuni ha bisogno di un nodo di mare. Ha bisogno di accogliere un altro tipo antropologico, di guardare oltre la terra e capire chi e come sia l’oltremare. Perché la gente di terra sia più coraggiosa nell’osare e perché la gente di mare sia coraggiosa nel piantare qualche radice.
Meritiamo tutti una sosta, dopo l’ennesima salita di questa giornata che pare un anno che siamo qui.
Una fila di led giallino improbabile cerca di somigliare alle stelle, sotto il tettuccio di cannuccia di questo bar.
C’è comunque tanta soddisfazione e tanta Bellezza, in ognuno di noi.
Oggi abbiamo davvero “incontrato persone”: si sono aperte, offerte, piane e a braccia aperte, proprio come un porto.
Poche, ma rappresentative di tutti gli strati sociali culturali antropologici possibili.
“Guardate!!! – uno di noi rompe la conversazione – C’è un grillo, un grillo gigante dentro quella lampada!!!”
Lo osservo, è davvero un gigante, un grillone grosso così.
Immobile.
Fissa la luce accecante.
Immobile.
È così vicino al calore della lampadina che potrebbe arrostirsi.
Immobile.
Le antenne si muovono.
Ma lui resta immobile.
La notte scorre veloce come la doccia che speri ti tolga di dosso quel “nostos di mare” che fingi di avere sopra e non sotto la pelle.
Il giorno dopo è ancora ricco di incontri in questa piazza magica che sembra il centro del mondo.
Il tempo trascorre, non scorre. Cioè sembra proprio che ci sia un metronomo ragionato che ti concede il tempo di parlare a lungo con le persone e il tempo per riflettere insieme sulla ricchezza di quello scambio.
Ma adesso sono le 17.30.
L’ora si è fatta, dobbiamo ripartire. Sono le 17.30 e a Ventotene quando sono le 17.30 si ha l’ultima possibilità di raggiungere il continente. Ovviamente se il tempo è buono.
Ma oggi è un giorno di tempo buono.
Nel viaggio di ritorno sappiamo che è stato approvato il Decreto Salvini bis.
Guardo la strada, guardo Angelo, Giangregorio, Gianpaolo e il piccolo-grande Francesco e Mariano che stavolta sono venuti con noi.
E guardo Ventotene.
E vedo anche me. Per un attimo. Ma mi vedo davvero.
E vedo anche tutte le donne e gli uomini e i ragazzi e i bambini e le bambine che domenica scorsa erano al parco giochi del Borgo sociale di Roccabascerana.
Vedo il “popolo sale della terra” del “Sale della Terra” che viaggia con noi in ogni viaggio, ma in questo momento lo vedo con più forza e lo vedo più forte.
E so, dentro, che noi non saremo mai “grilli nella lampada”.
Che non scambieremo mai una lampadina incandescente per il Sole del “cielo sopra di noi” o il Sole di Dio.
Che non ci faremo incantare o rinchiudere dal genio stupido della lampada.
Che non resteremo muti di fronte alla finzione.
Che avremo il coraggio di cantare anche quando i grilli non devono cantare.
Che impareremo a non aver paura dell’imprevedibilità del mare tentando di chiuderlo nell’acquario.
Che impareremo a non aver paura di seminare e lavorare lentamente la terra e a non spazientirci strappando le gemme.
Che non avremo paura di urlare il Bene e la difesa dei deboli. A costo di subire 10, 100, 1000 Santo Stefano.

di Gabriella Giorgione

COMUNE DI VENTOTENE

REGIONE

LAZIO

PROVINCIA

LATINA

ABITANTI

754

SINDACO

Gerardo Santomauro

Il Comune di Ventotene

Il territorio comunale di Ventotene comprende l’omonima isola e anche quella minore di Santo Stefano. Appartiene all’arcipelago delle isole Ponziane, il comune più piccolo dell’Italia centrale, per dimensioni: 1,54 km2.

Il centro abitato si è sviluppato intorno alla roccia, dominante il porto romano ed unito ad una rampa di origine borbonica. Oltre al porto romani, l’isola ha un altro porto “nuovo” che dividono Cala Rossano e Cala Nave

I primi insediamenti risalgono al neolitico, quando l’isola diventò un punto di passaggio e di sosta sulle prime navi che solcavano il Tirreno.

Il periodo borbonico vide l’inizio dei lavori per la costruzione del borgo nel 1768 e nel 1769 iniziano i lavori di costruzione della chiesa di Santa Candida (Patrona di Ventotene) e nel 1810 Gioacchino Murat istituisce il Comune di Ventotene, confermato da Ferninando IV, nel 1816 una volta che il territorio è tornato al trono napoletano.

In anni più recenti, Santo Stefano continua ad essere colonia penale per ergastolani, dove scontarono la pena il brigante Carmine Crocco e l’anarchico Gaetano Bresci.

Dopo la guerra italo-turca vi vengono confinati i prigionieri di guerra libici. Con il fascismo, a partire dal 1926, Ventotene diventa il confino per molti oppositori del regime. Nel 1934 passa dalla provincia di Napoli alla provincia di Latina. Nel 1940 a Ventotene vivono 900 confinati sorvegliati da 300 poliziotti.

La presenza sull’isola delle più importanti personalità dell’antifascismo trasforma Ventotene in un vero e proprio laboratorio politico.

Nel 1941, tre confinati Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni scriveranno il manifesto “Per un’Europa libera e unita”, poi noto con il nome di Manifesto di Ventotene che in pieno conflitto mondiale chiedeva l’unione dei paesi europei e che poi ispirerà il processo di integrazione europea culminato con la nascita dell’Unione Europea nel 1992.

Monumenti e luoghi di interesse
Chiesa e convento di Santa Candida
La chiesa in stile neoclassico fu consacrata alla patrona dell’isola il 22 settembre 1774. Ospita una pittura raffigurante la santa patrona e attribuita a Sebastiano Conca e una serie di statue in legno. Accanto alla chiesa si trova il convento dei Cappuccini che ressero la parrocchia fino agli inizi del XIX secolo e oggi sede della canonica, dei locali parrocchiali e delle suore Adoratrici del Sangue di Cristo.

Porto romano
Il Porto romano di Ventotene, rimaneggiato in epoca borbonica, è interamente realizzato in tufo. Sotto la roccia che oggi ospita il paese furono scavate delle grotte-magazzino, oggi utilizzate come negozi, e scavando nel tufo fu realizzato anche il cosiddetto Pozzillo, una piccola caletta dove oggi sostano le barche dei pescatori. Lo scoglio del Faro, con la relativa spiaggia rocciosa, separa il Porto da Cala Nave.

Castello
Il Castello sorge sulla piazza principale e aveva inizialmente funzione di caserma militare, concepita anche per resistere agli assalti dei pirati che nel Settecento ancora infestavano le coste italiane. Circondata da un fossato fu poi carcere e ampliata in epoca fascista. Oggi ospita gli uffici del Comune e il Museo Archeologico.

Il borgo borbonico
Il borgo borbonico fu realizzato alla fine del XVIII secolo per ospitare i coloni. Sorge sulla roccia tufacea che domina il porto romano ed è collegato a quest’ultimo tramite due vie scenografiche: la strada che sale al Castello, di forma circolare e concentrica e la strada che sale alla chiesa, formata da una breve serie di rampe ben visibili anche dal mare. Il borgo sorge su tre livelli ciascuno caratterizzato da stretti vicoli, case a uno o due piani e rampe di scale che uniscono i tre livelli. Ha due piazze: Piazza Castello e Piazza De Gasperi, dove si affaccia la chiesa principale.

Villa Imperiale (o villa Giulia)
La Villa Imperiale sorge su Punta Eolo, estremità settentrionale di Ventotene. Gli scavi archeologici hanno permesso di rintracciare la residenza vera e propria, le zone riservate alla servitù, la cucina, il sistema di raccolta e distribuzione dell’acqua, piscine, ninfei fino alla discesa a mare realizzata scavando nella roccia.

Cisterne Romane
Priva d’acqua, i romani realizzarono un complesso sistema di raccolta dell’acqua piovana che veniva poi filtrata. Resti di alcune cisterne sono sopravvissuti nell’isola: la “cisterna dei carcerati” lungo la strada degli Ulivi, un serbatoio profondo 10 m e poi usato anche come luogo di reclusione. Un’altra cisterna si trova nella località oggi nota come “villa Stefania”.

Peschiera
La peschiera consiste in una serie di vasche artificiali d’epoca romana scavate sotto la scogliera del Faro.

Carcere di Santo Stefano
Eretto nel XVIII secolo sulla base delle teorie di Jeremy Bentham, fu costruito a forma di ferro da cavallo in maniera tale che i carcerati fossero e si sentissero sempre osservati dai loro carcerieri. Ha ospitato reclusi celebri: patrioti risorgimentali, perseguitati politici del fascismo e l’anarchico Gaetano Bresci che qui morì in circostanze mai chiarite nel 1902.

Aree naturali

Riserva naturale statale Isole di Ventotene e Santo Stefano

Area naturale marina protetta Isole di Ventotene e Santo Stefano

Tradizioni e folklore

Santa Candida, patrona dell’Isola di Ventotene, è festeggiata il 20 settembre, l’ultimo di 10 giorni di manifestazioni fra il sacro ed il profano. Secondo la tradizione, Santa Candida fu uccisa dai Romani e il suo corpo gettato in mare venne ritrovato sulla costa di Ventotene.

Il “Comitato di Santa Candida” si occupa della raccolta dei fondi e dell’organizzazione degli eventi che si concludono con i tradizionali spettacoli in piazza, i giochi del 19 settembre e la gara di mongolfiere di carta, in cui varie “scuole” si confrontano sulle dimensioni (10 m. altezza max), sulla forma, sulle decorazioni e sulla tecnica di lancio dei palloni, con uno spettacolo di fuochi d’artificio a mare. La Banda, nell’ultimo giorno di festeggiamenti, alle 7 del mattino fa il giro dell’isola[11], visitando i giardini in cui le signore hanno preparato abbondanti colazioni. Alle 17.30, poi, c’è la suggestiva processione della Barca di Santa Candida in cui si narra fu ritrovato il corpo della Santa sulle rive del Pozzillo.

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