Intervallo finito. Se ricordate, “Intervallo” era quello spazio di tempo tra una trasmissione ed un’altra del palinsesto RAI in cui guardavamo le immagini inusitate della nostra Italia.
Per molti, l’intervallo erano i programmi RAI tra un Intervallo e l’altro, tanta era l’attesa curiosa delle foto e si giocava a chi prima leggeva la didascalia pur osservando l’immagine. Dopo era una rincorsa a cercare nella Enciclopedia i luoghi visti la sera prima dopo il “tiggì” ed appuntati nella carta quadrettata nel taccuino nero con l’elastico rosso.
Quando abbiamo pensato al form estivo da dare alle immagini dei Piccoli Comuni del Welcome, mi è venuto in mente l’Intervallo.
Volevamo che i post Facebook (vedi pagina) e le immagini Instagram (vedi profilo) vi arrivassero con la leggerezza di un arpeggio, con la immediatezza e la discrezione di una fotonotizia.
L’estate nei Piccoli Comuni del Welcome ha voluto, così, tenervi compagnia durante “gli intervalli” dei vostri giorni di vacanza, una pausa tra un bagno e una passeggiata, oppure alleggerire per un attimo la vostra fatica durante il lavoro estivo. Speriamo di esserci riusciti.
Di seguito, la carrellata di foto con la quale salutiamo questa estate 2022, triste per la guerra in Ucraina e per tutte le guerre che ancora insanguinano il mondo, preoccupata per la crisi economica, climatica ed energetica globale che alla ripresa dovremo affrontare. I Piccoli Comuni del Welcome che vi presentiamo in questo intervallo non sono tutti, ma stiamo pensando ad una “winter version” per mostrarvi anche gli altri.
Buona fine di intervallo, la campanella del rientro è suonata.
Un abbraccio, Gabriella Debora Giorgione
Pietrelcina (Campania)
Nominata per la prima volta nel XII secolo da Falcone Beneventano col termine Petrapulsino. In epoca normanna appartenne dapprima ai conti di Ariano, quindi alla contea di Buonalbergo ed infine, nel 1138, fu devastata da re Ruggero II di Sicilia detto il Normanno. In epoca successiva passò sotto Bartolomeo Camerario, poi ai Caracciolo, ai D’Aquino e quindi ai Carafa che la tennero fino all’abolizione del feudalesimo avvenuta nel 1806.
Nel 1887 in una casetta del centro storico nacque Francesco Forgione, frate cappuccino meglio conosciuto come padre Pio da Pietrelcina. Grazie al flusso turistico nato a seguito della sua beatificazione e consolidatosi dopo la sua canonizzazione, Pietrelcina è diventato un importante centro di turismo religioso. Con decreto del presidente della Repubblica Ciampi del 23 ottobre 2002, il comune di Pietrelcina fu insignito del titolo di Città.
Salvatore Mazzone, Sindaco
Sassinoro (Campania)
Ha molte sorgenti d’acqua lungo le pendici settentrionali dello stesso, se ne contano fino a tredici, freschissime e abbondanti, vengono usate per l’irrigazione nel periodo estivo e vanno a gettarsi nel fiume Tammaro.
Il comune è perciò sicuramente ricco di acque e si possono trovare come detto molte sorgenti naturali, tutte al di sopra degli 800 m s.l.m. Senza dubbio simbolo di ciò è la grande fontana che si trova nella piazza principale del paese, piazza IV Novembre, anche se su tutto il territorio comunale si contano una quindicina di fontane e nel centro abitato un elemento caratteristico sono i “fontanili” che sono dislocati in ogni rione. Le sorgenti sono così abbondanti in questa terra che il paese riesce a soddisfare autonomamente le sue esigenze idriche; un tempo riuscivano a garantire anche il funzionamento di tanti mulini, ora in disuso.
Il maggior corso d’acqua è senza dubbio il fiume Tammaro che lambisce a sud il centro abitato e bagna per circa 7 km il territorio comunale, facendo anch’esso, per un certo tratto, da confine naturale con il territorio comunale di Morcone a sud-ovest.
Luca Apollonio, Sindaco
Torrecuso (Campania)
Torrecuso nasce come castello costruito dai Longobardi a difesa e guardia della città di Benevento, capitale del Ducato Longobardo del Centro-Sud. Il colle a Nord di Benevento su cui fu edificato questo castello, da probabilmente origine anche al nome di Torrecuso. Torrecuso cioè viene da “Torus” o “Toronis” che significa altura o colle, rispondente alla situazione del paese; da “Torus” poi il diminutivo “Torricolus” donde, per successivi pervertimenti, “Torlicoso” e infine Torrecuso.
Il Borgo Antico è di impianto medioevale. Su tutto domina il Castello. Questo fu costruito secondo i canoni architettonici dell’epoca: una struttura triangolare a tre torri. Un castello a tre torri è ancora oggi lo stemma ufficiale del Comune di Torrecuso. Intorno al Castello si sviluppa tutto il Centro Storico rimasto pressoché intatto e recuperato da poco.
L’economia è prevalentemente agricola a vocazione vitivinicola. L’agricoltura annovera 1.150 addetti con coltivazione in prevalenza di vigneti che si estendono per circa 1300 ettari, ma anche uliveti estesi per 260 ettari e seminativi e promiscui per 490 ettari. La produzione di uve ammonta a circa 95.000 quintali con produzione di vini pregiati DOC e DOCG Aglianico e Falanghina, ma anche Piedirosso, Coda di Volpe, Fiano.
Angelino Iannella, Sindaco
Sante Marie (Abruzzo)
Deve il suo nome ad un’antica denominazione presente in documenti ecclesiastici e storici: “Altum Sanctae Mariae”. Questo nome originariamente stava ad identificare un tempio posto su di un luogo elevato evidentemente dedicato alla Vergine.
Sante Marie destò l’attenzione della nazione quando nel 1861, subito dopo l’Unità d’Italia e nel pieno del brigantaggio postunitario, si trovò a passare in questo territorio il generale catalano José Borjes, ex alleato del brigante lucano Carmine Crocco. Questi, inseguito dalle forze piemontesi, condusse un gruppo di undici soldati fedeli ai Borboni nel tentativo di incontrarsi con il sovrano Francesco II, per informarlo dell’alleanza rotta con Crocco. Egli si servì per la fuga di una guida santemariana che però appena possibile avvisò la guardia nazionale del paese che il generale si trovava in località Casale Mastroddi, in una cascina situata tra Sante Marie e Castelvecchio in valle di Luppa. La guardia nazionale santemariana partecipò all’assalto insieme alle forze militari piemontesi. Borjes e i suoi soldati furono catturati trasportati a Tagliacozzo dove vennero fucilati. I cadaveri vennero bruciati, eccetto quello di Borjés che fu consegnato all’ambasciata francese presso lo Stato Pontificio. Le esequie furono celebrate nella chiesa del Gesù a Roma.
Lorenzo Berardinetti, Sindaco
Priero (Piemonte)
Il primo nucleo abitativo nasce all’incirca nell’anno 1000, sulla collina del Poggio, a sud dell’attuale borgo: era sede di una Pieve dedicata alla Beata Vergine Maria, dipendente dal monastero di San Benedetto al Belbo.
Qua nacque il teologo Silvestro Mazzolini, probabilmente il primo teologo ad attaccare pubblicamente la dottrina di Martin Lutero, con il quale ebbe una lunga controversia.
MURA URBICHE E TORRE DI PRIERO
Antico borgo ad impianto medievale le cui origini sono ancora visibili sulla vicina collina del Poggio
Datazione: XIII-XIV sec, sede di una pieve dedicata alla Beata Vergine Maria ed in località Castello, con ancora presenti i resti delle mura del ricetto ed una cisterna
Il nucleo storico di Priero ha mantenuto l’impianto originario con il circuito murario continuo dotato di quattro torri cilindriche e tre porte. È ancora possibile riconoscere il peculiare assetto urbanistico, così come il perimetro delle fortificazioni, di cui permangono consistenti tratti delle cortine e tutte e quattro le torri. Interessante la struttura porticata che corre ai lati di via Roma, la strada principale che attraversa il centro.
Alessandro Ingaria, Sindaco
Castelpoto (Campania)
Il sito risale all’epoca sannitico – romana: lo confermano iscrizioni e reperti rinvenuti nel territorio. Il paese, sorto sul colle prospiciente la valle del Calore Irpino e la pianura beneventana e sviluppatosi sotto i Longobardi e i Normanni, subì le alterne vicende delle lotte tra il confinante territorio pontificio di Benevento e il regno svevo. Dopo un breve periodo di dominio pontificio, infatti, il paese fu occupato e sottomesso da Federico Il. Fu poi sotto il dominio degli Angioini, degli Aragonesi e degli Spagnoli, conservando sempre la sua identità politico – amministrativa dal Regno di Napoli all’unità d’Italia.
La salsiccia rossa rappresenta una delle peculiarità di Castelpoto, tra le più rappresentative, tanto che a fine aprile il paese le dedica una nota fiera-mercato.
Vito Fusco, Sindaco
Altofonte (Sicilia)
Il centro del comune è ricordato per essere stato residenza e centro di caccia del re normanno Ruggero II, e da ciò prese il nome di Parco (Parcu) e poi cambiato in Altofonte con regio decreto del 26 febbraio 1930. Il palazzo Ruggeriano, nato come castello di caccia estivo, è situato in un luogo caratterizzato da un paesaggio montuoso, ricco di acque e di selvaggina. Fu trasformato, prima, nel 1307, da Federico II d’Aragona in abbazia per i monaci cistercensi, poi nel 1633, nella chiesa Madre del paese ad opera dell’abate cardinale Scipione Borghese. Dalla seconda metà del Seicento nacque un agglomerato abitativo, con il conseguente formarsi del comune di Parcu agli inizi dell’Ottocento, come ci testimonia il Questionario posto con circolare del 28 settembre 1829.
Angela De Luca, Sindaco
Chianche (Campania)
Chianche o Chianca com’era detta nel Medioevo deriva dal latino Planca con probabile riferimento alle plancae (pietre poligonali con le quali i romani lastricavano le strade). Di Chianche si ha traccia documentale almeno dal XIII secolo. Nel Medioevo era un casale dipendente da Montefusco.
Il castello che domina il borgo risale forse al periodo normanno (XI secolo) anche se è citato per la prima volta solo in un documento degli inizi del XIV secolo.
Carlo Grillo, Sindaco
San Bartolomeo in Galdo (Campania)
Posto all’estremo nord est della regione Campania, San Bartolomeo in Galdo è uno dei quattro comuni campani (insieme a San Pietro Infine, Mignano Monte Lungo e Lacedonia) il cui territorio comunale confina con due regioni. Si trova al confine con la Puglia e il Molise.
Il toponimo rimanda all’apostolo san Bartolomeo, il cui culto era stato diffuso dal principe longobardo Sicardo da Cremona: questi nell’838 aveva portato a Benevento le reliquie del santo, sottratte ai saraceni dell’isola di Lipari.
“Galdo” deriva probabilmente da una radice germanica da cui deriva il tedesco Wald (foresta), abbastanza diffuso in Italia e che potrebbe indicare un territorio un tempo boscoso.
L’attuale territorio di San Bartolomeo in Galdo fu abitato dai Sanniti e probabilmente in seguito dai Liguri Bebiani o Corneliani, che i Romani obbligarono a trasferirsi nel Sannio.
Carmine Agostinelli, Sindaco
Anacapri (Campania)
Situato sull’isola di Capri, sorge sul fianco settentrionale del monte Solaro (che, con 589 m, è la massima vetta dell’isola); una seggiovia collega l’abitato con la vetta del monte, da dove lo sguardo spazia su un vastissimo panorama, dal golfo di Napoli al golfo di Salerno.
Il nome deriva dal greco ànà, (sopra) e Capri.
Lo storico e geografo greco Strabone nella sua Geografia, riteneva che Capri fosse stata un tempo unita alla terraferma. Questa sua ipotesi è stata poi confermata sia dall’analogia geologica che lega l’isola alla penisola sorrentina sia da alcune scoperte archeologiche.
A partire dal XIX secolo l’isola ebbe una nuova veste. Diventò meta di numerosi viaggiatori che la visitarono e ne ammirarono la natura e la celebre Grotta Azzurra, divenuta intanto famosa in tutto il mondo.
Tra il 1927 e il 1946 i due comuni dell’isola furono aggregati in un unico comune. Dopo il 2000 è stato riproposto il ritorno ad un’unica entità amministrativa sull’isola.
Alessandro Scoppa, Sindaco
Petruro Irpinio (Campania)
Comune di 288 abitanti della provincia di Avellino in Campania. Sorge in posizione panoramica su uno sperone.
Le prime notizie sull’esistenza del paesino risalgono al 1240, quando era un Casale di Montefusco, infatti Federico II ordinava da Pescara di pagare once 28 1/2 a Gentile di Petruro per lui e la sua squadra di 10 cavalieri ed oltre once 8 a Pandolfo da Petruro che era a capo di tre cavalieri.
Successivamente, durante la dominazione Angioina il feudo passò a Giovanni Mentella, che ne ebbe i poteri nel 1289. Successore di Giovanni furono Matteo e poi Marino. Seguirono nel feudo i D’Afflitto e per il matrimonio di Cubella D’Afflitto con Nicola Francesco Calenda il feudo passò a questa famiglia che lo vendette nel 1463 al Milite Pietro de Candida familiare del Re Ferrante I d’Aragona.
Giuseppe Lombardi, Sindaco
Tiggiano (Puglia)
L’origine di Tiggiano è da ricondurre al periodo della conquista romana del Salento, in seguito alla quale i territori furono ripartiti e assegnati ai centurioni romani. Successivamente accolse i superstiti del vicino casale di “Valiano”, distrutto durante una incursione barbarica.
I primi riferimenti scritti risalgono a un documento cartaceo del 1270 in cui Tiggiano entra a far parte della Contea di Alessano e del Principato di Taranto. Con l’arrivo degli Angioini nell’Italia meridionale, il re Roberto d’Angiò concesse il feudo di Tiggiano al nobile francese Rodolfo De Alneto, per il sostegno apportato all’esercito angioino. Nel 1309 passò sotto il controllo della nobile famiglia otrantina degli Arcella, che costruirono una propria dimora signorile stabile, edificando una corte fortificata con torri e mura merlate. Successivamente si succedettero gli Orsini Del Balzo, i Gonzaga, i Brayda, i Trane e i Gallone di Tricase, i quali, nella persona del barone Don Stefano Gallone, nel 1640 vendettero il feudo al medico e filosofo Angelo Serafini da Morciano. I Serafini, che nel 1740 si legarono attraverso un matrimonio alla famiglia Pieve-Sauli di Gallipoli, ottennero nel 1641 il titolo di barone e governarono sino al 1806, anno di eversione della feudalità. A questa famiglia si deve la costruzione, su antiche strutture difensive, dell’omonimo palazzo seicentesco dotato di un giardino all’italiana e di un bosco di lecci.
Giacomo Cazzato, Sindaco
Naro (Sicilia)
Ottenne il titolo di città nel 1525 quando, per petizione presentata al Real Parlamento di cui Naro occupava il 18º posto del braccio demaniale dal magnifico naritano Don Girolamo D’Andrea, si vide concedere tale titolo (fino ad allora si chiamava “terra del demanio di Naro”) da Carlo V, che per mezzo del suo viceré, il Duca di Monteleone concesse alla città anche il privilegio del Mero e Misto Impero, autorizzandola quindi ad esercitare giustizia civile e penale da sé (di tale privilegio godevano all’epoca solo Palermo e Messina in tutta la Sicilia). Nel 1615 venne nominata capo comarca dal Parlamento Generale svoltosi a Palermo. Nel 1645 ottenne anche il privilegio del Bussolo Senatorio (da qui la sigla S.P.Q.N. nello stemma della città), tramite il quale i giurati e i patrizi venivano eletti ogni anno direttamente dal consiglio cittadino e i primi prendevano il titolo di senatori.
Il XVII e il XVIII secolo rappresentano un periodo di particolare splendore per la città durante il quale i diversi ordini monastici presenti costruiscono o rinnovano diverse chiese e monasteri che caratterizzano il tessuto urbano della città attuale.
Mariagrazia Brandara, Sindaco
San Martino Valle Caudina (Campania)
Per l’età romana e i primi secoli dell’Alto Medioevo (fase gotica, bizantina, ducato longobardo di Benevento), il territorio di San Martino risulta legato all’antica città di Caudium.
Dei riferimenti certi a San Martino Valle Caudina si hanno nel Catalogus Baronum, un elenco dei baroni del Regno di Sicilia fatto realizzare da Ruggero II nel XII secolo.
Con la sconfitta di Manfredi di Svevia a Benevento (1266), San Martino torna alla famiglia di Marino da Eboli, nella persona di sua figlia Zaffridina, e del marito di lei, Tommaso di Aquino.
I Della Leonessa, entrati in possesso di diversi feudi della Valle Caudina (Montesarchio 1270, Airola 1291-92), per volontà dei Re angioini, acquistano il castello di San Martino con il suo territorio il 19 gennaio 1343.
La discendenza della famiglia Della Leonessa continuò fino al 1797 con Giuseppe Maria, duca di San Martino. Estinto il ramo maschile il titolo passò per filiazione femminile ai Ruffo e con Carolina Ruffo ai Pignatelli principi di Monteroduni. Il titolo è oggi conservato nella persona del duca Giovanni Pignatelli della Leonessa, attuale proprietario del castello intorno al quale si formò il borgo medioevale.
Il castello medievale sovrasta il centro storico del paese. Il suo impianto è normanno, ma le sue origini potrebbero essere altomedievali. La costruzione è stata molto modificata ed arricchita durante il XVII e il XVIII secolo. Interessanti il salone affrescato con le gesta della famiglia della Leonessa, il mobilio d’epoca, i resti del sistema di difesa bassomedievale e l’orto-giardino.
Pasquale Pisano, Sindaco
Biccari (Puglia)
Le origini del nucleo abitato di Biccari sono da porre tra il 1024 ed il 1054 ad opera dei bizantini del catapano Basilio Bojannes (Bogiano) e del vicario di Troia, Bisanzio de Alferana. Testimonianza dell’epoca è la torre cilindrica, facente parte di una serie di avamposti militari realizzati per meglio difendere la via Traiana, importante arteria di collegamento per i traffici ed il commercio tra l’Irpinia e il Tavoliere.
Il nome Vicari (Biccari) apparve per la prima volta in un atto dell’agosto 1054 con il quale la vedova Sikelgaita dona i suoi averi al monastero di San Pietro in Vulgano.
Nel 1860 Biccari fu interessata da una rivolta antiunitaria sedata nel sangue. Nel 1874, il procuratore fiscale del regio patrimonio separò i beni feudali sul territorio di Biccari, per poterli affidare a privati, liberandoli da ogni vincolo feudale.
Oggi Biccari è una eccellenza italiana per ospitalità e dinamismo del territorio.
Gianfilippo Mignogna, Sindaco
Santa Cristina Gela (Sicilia)
Sorge su un colle a 674 metri s.l.m., a 25 km da Palermo, nelle vicinanze del lago di Piana degli Albanesi.
Il paese, insieme a Contessa Entellina e Piana degli Albanesi, fa parte delle comunità albanesi di Sicilia (arbëreshët e Siçilisë) dove ancora si parla l’albanese (arbërisht), distinguendosi per l’identità culturale, i costumi e le tradizioni patrie. È il più piccolo nonché nuovo centro albanese dell’isola, fondato sul finire del XVII secolo da coloni provenienti dalla vicina Piana degli Albanesi (Hora), da cui dista circa 3 km. Dal punto di vista religioso, appartiene all’Eparchia di Piana degli Albanesi, seppure il rito bizantino è osservato solo in alcune occasioni. I suoi abitanti chiamano se stessi arbëreshë, ossia italo-albanesi.
Santa Cristina sorse il 31 maggio 1691, data in cui il feudo omonimo fu concesso in enfiteusi a 82 agricoltori arbëreshë provenienti da Piana degli Albanesi che, onde evitare i continui spostamenti per i lavori dei campi, decisero di colonizzare la zona, già di loro influenza. Si trattava di un insediamento a carattere stagionale, che assegnava ai contadini albanesi le terre del fondaco, ivi compresa una chiesetta in cui officiare il proprio rito bizantino.
Giuseppe Cangialosi, Sindaco
Bisacquino (Sicilia)
Bisacquino fu infeudata al Vescovado di Monreale dal re normanno Guglielmo II il Buono. Dal XII secolo fu in possesso di alcuni signori locali; in seguito e fino al 1778 divenne proprietà dell’arcivescovo di Monreale; dopo tale data passò al demanio regio. Bisacquino è uno dei principali centri dell’entroterra palermitano dal punto di vista storico. Rappresenta inoltre un punto di riferimento della sua zona grazie anche ai numerosi indirizzi scolastici presenti nella cittadina. Il 18 maggio 1897 vi nacque il grande regista americano Frank Capra, all’anagrafe Francesco Rosario Capra.
Tommaso Francesco Di Giorgio, Sindaco
Santa Paolina (Campania)
In epoca medievale si scopre la destinazione agricola del territorio del centro e delle sue contrade, attraverso un memoriale dell’abbazia longobarda di Santa Sofia, dell’anno 1041 dopo Cristo. In tale pergamena sofiana infatti, si fa riferimento al sito collinare, come una “terra promessa” posta alla fine di un cammino e, sita alla base di una selva, nei pressi di una sorgente; il tutto era alle dirette dipendenze dell’abbazia longobarda e individuabile mediante una chiesa intitolata in onore di San Felice.
Rino Ricciardelli, Sindaco
Piana degli Albanesi (Sicilia)
È il centro più importante e noto degli albanesi di Sicilia, nonché il più grande stanziamento arbëreshë, dove da secoli risiede storicamente la più popolosa comunità albanese d’Italia. Denominata fino al 1941 Piana dei Greci per il rito greco-bizantino professato dai suoi abitanti, è sede vescovile dell’Eparchia di Piana degli Albanesi, circoscrizione della Chiesa italo-albanese, la cui giurisdizione si estende su tutte le chiese insulari di rito orientale.
Nel corso dei secoli è stata annoverata fra i maggiori centri attivi e influenti degli italo-albanesi, tutelando e coltivando la memoria storica dell’antica madrepatria. Oltre a essere il fulcro socio-culturale, religioso e politico delle comunità arbëreshe dell’isola, ha mantenuto pressoché intatte le proprie peculiarità etniche, quali la lingua albanese, il rito greco-cattolico e i caratteristici costumi originari. Nell’età moderna ha ricoperto un ruolo significativo per i moti rivoluzionari e risorgimentali relativi all’unità nazionale d’Italia, ai movimenti regionali dei Fasci siciliani dei lavoratori e alla questione della “Rilindja” nazionale albanese nella lotta di liberazione dal dominio turco-ottomano. Tra il 1944 e il 1945, durata cinquanta giorni, Piana degli Albanesi divenne una Repubblica popolare indipendente. È, inoltre, tristemente nota per la strage di Portella della Ginestra (1947).
Rosario Petta, Sindaco
Roseto Capo Spulico (Calabria)
Il nome Roseto deriva dal latino rosetum vista la diffusione della coltura delle rose in epoca greco-romana, che venivano utilizzate per riempire i guanciali delle principesse sibarite. La specifica “Capo Spulico” fu assunta nel 1970 in riferimento alla vicinanza del paese al Capo Spulico (Akron Spylikòn, Άκρον Σπυλικόν in greco antico).
Fondata attorno al VII secolo a.C., ai tempi della Magna Grecia Roseto era una delle città satellite di Sibari. A Roseto erano coltivate le rose, i cui petali servivano per riempire i materassi su cui i sibariti dormivano. La Roseto odierna nacque nel X secolo d.C. , il principe Roberto il Guiscardo vi costruì tra il 1058 e il 1085 il Castrum Roseti, mentre raggiunse il suo massimo splendore nel 1260 quando fu costruito il Castrum Petrae Roseti (castello di Roseto) dato in feudo ai baroni della Marra. Dal 1623 al 1671 fu feudo della famiglia Rende di Bisignano, in persona dei baroni Lucantonio e Carlo.
Incredibilmente splendida la sua costa, il suo mare più volte Bandiera Blu, anche il Borgo medievale è meta di molti visitatori.
Rosanna Mazzia, Sindaco
Ordona (Puglia)
Il paese è situato sulle prime ondulazioni del Tavoliere centro-meridionale, tra la pianura e i contrafforti collinari su cui sorgono gli scavi archeologici dell’antica Herdonia.
Nei pressi della città romana di Herdonia furono combattute due importanti battaglie, nel 212 a.C. e nel 210 a.C., tra i romani e i cartaginesi di Annibale nel pieno della seconda guerra punica.
Annibale, che all’epoca imperversava in Italia tra le odierne Puglia e Campania, dopo le schiaccianti vittorie riportate sui romani a Canne (216 a.C.) e a Herdonia (212 a.C.), nel 211 a.C. tentò, senza fortuna, di muovere le sue truppe verso l’assedio di Roma.
Per la sua fedeltà alla Repubblica romana e per la slealtà mostrata ai cartaginesi, Herdonia fu incendiata e distrutta per volere di Annibale al termine della seconda battaglia (210 a.C.).
Solo dopo l’89 a.C., quando l’area aveva ormai acquisito notevole importanza commerciale grazie al passaggio della via Minucia, vi fu rifondato il municipio romano.
Sul luogo che poi diventerà il nucleo originario dell’attuale Ordona nacque prima un’azienda agricola di gesuiti, e successivamente sorse uno dei nuovi cinque reali siti colonici, istituiti nel XVIII secolo da re Ferdinando IV di Borbone per ripopolare e riqualificare l’area agricola del tavoliere meridionale. Dal 2004 Erdonia è una sede vescovile titolare.
Maria Cocco, Sindaco.
Molinara (Campania)
Molinara viene menzionata per la prima volta nel 992: in tale anno, fra i beni confermati all’abate di San Modesto di Benevento, compare una chiesa di Santa Maria posta a Molinara, forse la chiesa di Santa Maria in Plano cui si fa riferimento in documenti successivi.
Il nucleo fortificato di Molinara è posto sulla cima di una collina a 592 m di altezza, delimitato da una cinta muraria dalla forma pentagonale: ad ogni vertice del poligono si trova una torre a pianta circolare, con base a scarpa. Un’altra torre quadrangolare, probabilmente di vedetta, si trova a metà del lato più lungo. L’abitato, fortemente danneggiato dal terremoto del 1962, è costruito in pietra calcarea in massima parte ed ha una pianta “a ventaglio”; la strada principale, Corso Umberto I, si trova in una posizione eccentrica e connette le due porte di accesso, Porta Ranna a nord e Porta da Basso, scomparsa, a sud. Porta Ranna è inglobata nelle strutture dell’ex castello feudale, che occupa l’angolo nordoccidentale dell’abitato. Sul lato opposto della strada si affacciano i ruderi della chiesa di San Bartolomeo, che consistono in poco più di una singola parete e del campanile, facenti parte della cinta muraria. Sulla Porta da Basso, invece, affaccia ancora oggi la chiesa di Santa Maria dei Greci. Le costruzioni lungo la strada principale sono state largamente ricostruite dopo il terremoto. Dal lato orientale di tale strada partono alcuni stretti vicoli a raggiera, che seguono con le loro scalette il digradare della collina. Degli edifici che affacciavano su tali vicoli, con le loro scalette esterne in pietra e i loro portali in successione, rimangono perlopiù ruderi, resi visitabili al pubblico nel 2016. Tuttavia rimane ben leggibile l’assetto del borgo antico, compreso il sistema fognario a cielo aperto che lo serviva.
Giuseppe Addabbo, Sindaco
Giuggianello (Puglia)
Il territorio fu abitato sin dal Neolitico come testimoniano i reperti archeologici rinvenuti nella grotta della Madonna della Serra e i numerosi monumenti megalitici sparsi nelle campagne (dolmen, menhir, ecc.). Nei dintorni di Giuggianello esistevano gli antichi casali medievali di Quattro Macine e Polisano, di cui restano solo poche tracce.
Il casale di Giuggianello (Juianellum), situato a sud-est dei casali di Quattro Macine e Polisano, nacque nel IX secolo e si sviluppò in seguito alla distruzione della vicina Muro Leccese, avvenuta nel 924 ad opera dei Saraceni. I profughi muresi, in fuga dalla loro città, vi si stabilirono determinando un significativo incremento demografico.
Con l’arrivo dei Normanni, nel 1192 il casale venne incorporato nella Contea di Lecce retta da Tancredi d’Altavilla; successivamente passò sotto il controllo del Principato di Taranto. Nel 1434, sotto il governo di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo, Giuggianello ottenne il privilegio della delimitazione del proprio feudo rispetto ai paesi limitrofi. Il primo feudatario fu Ugo di Bonavilla, mentre nel 1549 era di proprietà di Roberto Venturi. A contendersi il feudo ci furono nei secoli i Martino, i Basurto, i Guarini e i Veris. Nel 1641 venne acquistato da Giovan Battista Lubelli, il quale ottenne il titolo di Barone. Nel 1749, con l’estinzione della famiglia Lubelli, il feudo ricadde nel Regio Fisco e venne acquistato dalla Chiesa di Otranto che ne esercitò il controllo fino all’eversione della feudalità (1806).
Nel 1827 Giuggianello era un piccolo comune di circa 600 abitanti, la cui popolazione era dedita esclusivamente all’agricoltura.
Luca Benegiamo, Sindaco
Larino (Molise)
La sua fondazione è databile con molta probabilità intorno al XII secolo a.C. per mano del popolo Italico degli Osci, i quali le diedero il nome di Frenter. Successivamente la città venne distrutta e ricostruita col nome di Ladinod, così come trascritto su numerose monete antiche rinvenute in territorio larinate. Con il passare dei secoli questo termine subì modifiche tramutandosi nel nome latino Larinum, deformandosi successivamente in Larina, quindi in Alarino, per raggiungere nel XIX secolo l’attuale forma di Larino.
Ormai il Circuito di comunità Uomini, buoi e fiori, una cordata di comuni italiani ed anche internazionali che hanno tradizioni di feste sacre il cui filo conduttore è il carro con i buoi abbellito da fiori di carta pesta fatti a mano, è consolidato.
Tutti insieme hanno quindi deciso di candidarsi per salvaguardare le proprie tradizioni, approntando con determinazione l’iter di candidatura Unesco a patrimonio immateriale dell’umanità.
Ma non finisce qui perché Larino, in collaborazione con l’Università degli Studi del Molise, Dipartimento di Scienze Umanistiche Sociali e della Formazione ed il Servizio per le Politiche culturali e turistiche della Regione Molise sta progettando una piattaforma crossborder delle imprese culturali distribuite nei territori e la realizzazione di un Registro delle Eredità Immateriali del Molise.
Leggi la storia qui Carresi e Buoi
Pino Puchetti, Sindaco
Castel di Lucio (Sicilia)
Popolato nel periodo normanno da famiglie provenienti dall’Italia continentale e dalla Francia meridionale, l’originario nome era “Castelluzzo” dal piccolo castello che si trovava sulla rocca. Fu soggetto prima a Enrico II Ventimiglia, nella seconda metà del XIII secolo come membro della Contea di Geraci, poi al nipote e successore Francesco I Ventimiglia, almeno dal 1311, data in cui doveva avere la consistenza di un villaggio attorno alla fortezza.
Nel 1267 non risulta citato nel censimento della Chiesa di Cefalù riportato in un diploma di Papa Alessandro III, il che ci fa supporre che se ci fosse stata preesistenza doveva trattarsi solamente di un incastellamento o fortificazione di epoca Saracena. La locale presenza attuale di dialetti gallo-italici, potrebbe pur far supporre una colonizzazione ligure, e una fondazione o rifondazione da parte dei liguri Ventimiglia. Il nome di Castelluzzo si legge la prima volta nel 1271 quando Carlo I d’Angiò lo assegnò (castello o casale?) a Giovanni di Montfort e successivamente nel 1283, in occasione del fodro imposto da Pietro di Aragona al suo arrivo in Sicilia a seguito del Vespro. Castelluzzo contribuì con sei arcieri all’esercito regio. Assunse notevole importanza sotto il dominio dei Ventimiglia per la sua posizione strategica di controllo della vallata del fiume Tusa, essendo collegato visivamente con la torre di Migaido e questa a sua volta con Pettineo. Dal 1480 al 1634 furono molti i Signori di Castelluccio: Matteo Speciale, Nicola Siracusa, i Lercano, gli Ansalone, i Timpanaro, i Cannizzaro e ultimi gli Agraz. Francesco Agraz nel 1726 fu nominato, con diploma di Carlo IV di Sicilia, primo Duca di Castelluzzo, chiudendo così l’epoca baronale. Nel XVI secolo si contarono 1617 abitanti in 346 case, nel XVII secolo l’incremento della popolazione fu lieve, 1695 abitanti e 528 case. Non vi furono variazioni rilevanti nel XVIII secolo.
Dal 2022 la città fa parte del progetto del Primo parco mondiale dello stile di vita mediterraneo insieme ad altre 103 città del centro Sicilia.
Giuseppe Nobile, Sindaco
Tricase (Puglia)
Tricase, anticamente forse denominato Treccase, poi Trecase, successivamente Tricasi o Tricasium, dovrebbe il suo nome all’unione di tre casali differenti che, unendosi, avrebbero dato origine ad un unico nucleo abitativo. L’etimologia più accreditata tuttavia traduce il nome Tricase come inter casas, vale a dire, un paese formatosi in mezzo ad altri casaliTricase sorge in una zona ricca di testimonianze preistoriche e megalitiche (menhir, specchie, ecc.). Mancano documenti attendibili per risalire alle primitive vicende di Tricase, che rimangono legate esclusivamente ad alcune versioni, secondo le quali, tra il X e l’XI secolo, esistevano tre casali che, unendosi, determinarono la nascita del primo nucleo abitativo dell’odierna Tricase.
Il territorio del comune di Tricase rientra nelle Serre salentine, così dette per via delle modeste formazioni collinari che ne costituiscono la fisionomia orografica.
Antonio De Donno, Sindaco.
San Salvatore di Fitalia (Sicilia)
Pare che l’origine del toponimo Fitalia risalga al primo processo di ellenizzazione della regione, avvenuta in epoca classica, prima della conquista romana (V secolo a.C.). Il toponimo infatti trova vari riscontri etimologici nel greco classico. I Greci arrivati in questa vallata, trovarono un terreno adatto alla coltivazione e lo chiamarono Fytalìa, ossia terreno produttivo o adatto alla coltivazione di alberi da frutto. Il nome Fitalia viene fatto risalire anche alla leggenda dei fitalidi, famiglia ateniese il cui eponimo era Fitalo.
Nei documenti scritti, Fitalia compare per la prima volta, in uno dei primi diplomi del conte Ruggero, quando nel 1082, istituì la diocesi di Troina. Da quel momento, le vicende del popolo del Fitalia furono strettamente legate alla politica del tempo ed alla risistemazione della Chiesa siciliana.
Oggi, di molte vicende se ne ha memoria scritta grazie alle pazienti ricostruzioni archivistiche e bibliografiche del geometra Antonello Pettignano, attento studioso e grande conoscitore della storia di S. Salvatore di Fitalia.
La storia del paese di S. Salvatore di Fitalia è, strettamente legata al culto del Santo patrono S. Calogero, e dei fasti della terra del S.S. Salvatore ne resta poca testimonianza. La maggior parte dei monumenti sono andati perduti. Fortunatamente, altri monumenti restano a testimoniare gli antichi splendori, come la Villa di Sant’Andrea, la Villa Barone, il “Casino” di Santa Maria di Roma, Duruso, i ruderi di Torre del Capitano e poi il tessuto urbano rimasto quasi invariato, il palazzo Catalano dell’800, il palazzo del Vescovo, palazzo Stazzone, la Chiesa di Santa Maria Assunta (del 500) e la maestosa basilica del “Salvador Mundi” (fondata in epoca bizantina), a questi si aggiunge “l’ospedale” intestato a San Calogero (costruito nei primi anni del ’900 sul luogo dove sorgeva il vecchio convento con l’annessa cappella di San Calogero).
Giuseppe Pizzolante, Sindaco
Aragona (Sicilia)
Le origini e la storia di Aragona sono strettamente legate al feudo Diesi e alla famiglia Naselli che venne in possesso del feudo il 6 ottobre 1499 in seguito al matrimonio di Baldassare I Naselli, barone di Comiso e Isabella Montaperto, la quale portava in dote i feudi Diesi, Brucali e Macaluba.
Il 2 agosto del 1604, si aprì a Messina il 49° Parlamento Generale straordinario, presieduto dal viceré spagnolo Don Lorenzo Suarez de Figueroa e Cordoba. In occasione di questo Parlamento, il giovane conte del Comiso, don Baldassare III Naselli, presentò la domanda di fondazione di un nuovo villaggio da fabbricarsi nel suo feudo di Diesi. Il 6 settembre dello stesso anno la domanda del conte Naselli finiva sul tavolo del viceré Lorenzo Suarez, il quale ordinava che si facessero accertamenti sul merito. Fu come porre la prima pietra della fondazione del nuovo villaggio, che sarà chiamato come la madre del fondatore donna Beatrice Aragona Branciforti. Così con la “licentia populandi” il 6 gennaio 1606 grazie a Baldassare III Naselli nasceva Aragona. I Naselli governarono il paese di Aragona sino al 1812, anno in cui fu abolito il feudalesimo.
Giuseppe Pendolino, Sindaco
Nota: fonti storiche: Wikipedia e sitografia Comuni e stampa. Foto: prese da web, autori tutti citati nei relativi post Instagram e Facebook.
D’obbligo ascoltare, a questo punto, la Toccata in La maggiore* di Domenico Paradisi (1707 – 1791), indimenticabile tema dell’Intervallo, eseguita però da Claudia Lucia Lamanna, 26 anni da Noci (Bari), che con il celestiale suono delle sue corde ha incantato l’International Harp Contest, la più difficile – e di conseguenza prestigiosa – competizione per arpa a livello globale. Sbaragliata la concorrenza di ben 63 partecipanti provenienti da 25 Paesi, è ufficialmente la migliore arpista del mondo. A decretarlo, giovedì 31 marzo 2022 ad Akko, israele, è stata la qualificatissima giuria del concorso israeliano, fondato nel 1959 e a cadenza triennale. Ecco un estratto della sua esibizione. Buon ascolto dei vostri ricordi.
* Toccata in La maggiore estratta dalla sonata numero VI per gravicembalo – del musicista napoletano Pietro Domenico Paradisi un compositore, senza meno, minore ma particolarmente in “auge” a cavallo del ‘700 nonché particolarmente eclettico ed “europeista” visto che svolse la sua attività fra il Regno Unito, la Repubblica di Venezia, la Francia ed il regno di Napoli.