Terra, lavoro e welcome: questo il concept del Progetto “Fattoria sociale del Welcome”, nato a Calascibetta, piccolo comune del Welcome del Sindaco Piero Capizzi
Quando quattro anni fa abbiamo deciso contro il parere di tutto il mondo di approvare la delibera del progetto dello SPRAR fu allora che mi fecero Trovare un mazzo di crisantemi sul cofano della macchina, ma era un progetto di accoglienza a misura d’uomo quindi non abbiamo arretrato di un passo.
Piero Capizzi Sindaco di Calascibetta, ha commentato così l’avvio del progetto la Fattoria Sociale del Welcome, nato su alcuni terreni messi a disposizione dal Comune di Calascibetta per la realizzazione di attività innovative pilota di agricoltura sociale e animazione territoriale e per sostenere l’avvio di nuove imprenditorialità gestite da persone migranti: scopo indiretto, ma principale, il contrasto allo sfruttamento del lavoro in agricoltura. I destinatari delle azioni del progetto, infatti, sono persone vittime di sfruttamento soggetti a caporalato; lavoratori sottopagati a cottimo; donne sfruttate; braccianti agricoli e precari. Per venti di loro è già partita una intensa attività di formazione teorico-pratica sulla filiera agricola sostenibile, l’export, la commercializzazione digitale dei prodotti e sulla gestione delle fattorie sociali.
L’intervista
Perché una Fattoria sociale nel suo territorio, Sindaco Capizzi?
Per due ragioni. La prima, quella legata alla vocazione naturale del territorio xibetano: un territorio dell’entroterra siciliano che ben si sposa con le attività agricole. La seconda è legata ad una progettazione precedente, quella della accoglienza degli immigrati sul territorio.
La Fattoria quindi è la possibilità concreta di dare alle persone migranti accolte nel territorio di realizzare un futuro per sé stessi e per le loro famiglie. Certo, è un progetto con grandi aspettative e nello stesso tempo con non poche difficoltà, ma abbiamo ottime speranze perché il progetto sta catalizzando le attenzioni e il lavoro di molte parti della nostra comunità.
Il SAI, benché sia un sistema di accoglienza delle persone migranti a governance comunale è una scelta non sempre gradita: a Calascibetta com’è andata?
Quando tra il 2017 e l’inizio del 2018, nonostante il populismo imperante a quel tempo anche a livello nazionale, abbiamo deciso di aderire all’iniziativa di ANCI dello SPRAR, che oggi è SAI, la gran parte dei cittadini e anche qualche mio collaboratore non coglievano il senso di questa scelta.
Io invece sono andato contro tendenza rispetto al pensiero dominante di quel tempo perché volevo dimostrare che un progetto sistemico di accoglienza potesse invece significare integrazione sul territorio di persone che certamente non si stavano spostando dai loro paesi per divertimento, ma per necessità.
Come regione del sud del mondo eravamo chiamati a fare la nostra parte, noi piccola comunità di poco meno di cinquemila abitanti Nonostante le tantissime critiche, e anche qualche minaccia, nei confronti di “quel sindaco che stava portando gli immigrati”, oggi invece il progetto funziona benissimo. Le persone migranti si sono integrate, superando ogni difficoltà e questo progetto di agricoltura sociale ne è la testimonianza viva. Siamo riusciti a affermare l’idea che il colore della pelle non è altro che il colore della pelle quello che andremo a fare con la fattoria sociale del welcome è l’esempio di come l’accoglienza può diventare riscatto Calascibetta non è degli xibetani ma del mondo è un luogo fisico che appartiene solo a chi è nato cresciuto e si vive.
Quale futuro si apre per le persone coinvolte nel progetto e per il suo piccolo comune?
Calascibetta, come le altre interne, vive la difficoltà per tantissimi giovani a trovare un’occupazione, il che espone i nostri territori ai morsi dello spopolamento anche a causa dello scarso ricambio generazionale.
Non so dirle con certezza che futuro è riservato alle persone che sono arrivate. Certamente l’idea alla quale abbiamo lavorato e sulla quale stiamo lavorando è quella di dare loro l’occasione di vivere con le loro capacità e con le loro risorse su un territorio che, seppur lontano dai loro paesi di origine, sta ormai diventando terra di elezione.
Credo la cosa più bella sia proprio mettere in condizione un altro, diverso da te per mille ragioni, costretto ad essere sradicato e trapiantato in un altro territorio, di essere autonomo e quindi libero.
La nostra Fattoria sociale, che riprende il “metodo del Welcome”, certamente è testimonianza di una politica di accoglienza che parla alla nazione, non solo a Calascibetta e alla Sicilia.
La formazione per la fattoria
In tutto, saranno 240 le ore in modalità blended learning (FAD sincrona e modalità in presenza) distribuite in moduli di orientamento (12 ore), teorici di base afferenti ambiti linguistici, normativi e settoriali (120 ore), moduli tecnico pratici specialistici (78 ore) e in un laboratorio di idee progettuali dal titolo “Agricoltura sociale innovativa” (30 ore) dal quale dovranno emergere le due idee progettuali che verranno scelte per poter selezionare le otto persone che andranno a costituire materialmente la fattoria sociale.
Quello che mi fa pensare che la Fattoria Sociale possa vedere la luce con grandi prospettive – dice Domenico Gagliano, presidente del Centro Studi Aurora, l’ente che sta curando la formazione – è la determinazione di non pochi dei ragazzi che stanno partecipando al corso lo dico perché stare per 6 ore ogni giorno davanti ad uno schermo ad ascoltare a distanza il docente non è da tutti Credo che sarà una esperienza che darà grandi soddisfazioni a tutti.
La Fattoria del welcome
I lavori per la sistemazione dei tre terreni nei quali nascerà la Fattoria Sociale del Welcome sono cominciati e procedono spediti.
Buonriposo, via Giudea e Via Maddalena: queste le località in cui gli otto cittadini migranti, provenienti dai Sai di Calascibetta, Regalbuto e Centuripe, andranno a impiantare un allevamento di galline ovaiole, una coltivazione di ortive e una di fiori, dando vita a un’attività imprenditoriale vera e propria.
Compatibilmente con il periodo agostano – spiega l’agronomo, Gaetano Savoca – stiamo procedendo a ritmo serrato superando le criticità che inevitabilmente ogni terreno rivela nei vari periodi dell’anno. A parte qualche giorno a cavallo con il ferragosto, andremo avanti rispettando la tempistica richiesta dal progetto. Quest’area è molto interessante dal punto di vista della possibilità di dare vita a queste specifiche coltivazioni e credo che sarà un’attività che potrà riservare interessanti sviluppi. A breve partiremo anche con la recinzione per poi passare agli step successivi che prevedono anche la possibilità, per i giovani che dovranno costituire l’impresa, di sperimentarsi concretamente sul campo.
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Il Progetto – che è un’azione pilota contro lo sfruttamento del lavoro in agricoltura, finanziata dalla Regione Siciliana, Assessorato della Famiglia, delle Politiche Sociali e del Lavoro, Ufficio Speciale Immigrazione, nell’ambito del progetto “Progetto P.I.U.” Su.Pr.Eme. – è stato attivato da un’associazione Temporanea di Scopo costituita dall’associazione “Coordinamento regionale volontariato e solidarietà Luciano Lama” (capofila del progetto), la Società cooperativa “Incastri Creativi” di Palermo, il Consorzio ”Sale della Terra” di Benevento, Mediter Italia, la Euroconsult di Enna, l’associazione “Centro Studi Aurora” di Santa Flavia e il Gal Rocca di Cerere.
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Ringrazio la Collega Gilda Sciortino, comunicatrice del Progetto per Mediter, per la condivisione dei materiali e delle news.
Qui potete seguire tutte le attività della Fattoria Sociale del Welcome: https://www.facebook.com/fattoriasocialedelwelcome
gabriella debora giorgione